Il momento peggiore della pandemia da Covid-19 sembra essere passato. Un po' alla volta, con molta prudenza, stiamo tutti tornando a trascorrere i nostri giorni con le stesse consuetudini alle quali eravamo abituati prima del cosiddetto lockdown.
Le misura di confinamento ci hanno obbligati a vivere maggiormente le nostre case, le nostre abitazioni. Spazi che spesso eravamo abituati a usare quasi solo per dormire e ristorarci, sono diventati i nostri luoghi di lavoro, le nostre scuole, i nostri locali di intrattenimento e di socializzazione virtuale. Abbiamo imparato a vivere nelle nostre case ventiquattro ore al giorno.
Molti di noi avranno sicuramente avuto occasione di riflettere sulla qualità del proprio alloggio. Qualcuno si sarà detto fortunato di avere un'abitazione spaziosa, con il giardino e tutte le comodità. Altri, purtroppo, si saranno resi conto di vivere in locali angusti con poche comodità.
È quindi una buona occasione per chiederci come vivono le inquiline e gli inquilini in Ticino.
Nel 2015, Matteo Borioli, per conto dell'Ufficio di statistica ha pubblicato un breve studio intitolato «Dimmi dove abiti e ti dirò chi sei» con il quale ha cercato di inquadrare in quali condizioni si abita nel nostro Cantone.
In termini generali, l'analisi di Borioli rileva «che più della metà delle abitazioni occupate si trova in edifici plurifamiliari (il 54,2%), poco più di un quarto in edifici monofamiliari (il 28,2%)», che «nelle abitazioni ticinesi vi è una maggioranza di inquilini (il 53,4%), mentre chi è proprietario (il 38,7%) lo è sei volte su dieci della casa e solo quattro volte su dieci» unicamente dell'appartamento.
Inoltre, chi paga un affitto ha a disposizione minore spazio rispetto a chi è proprietario dell'abitazione in cui vive. «In media, da un’abitazione di 3 locali con 85,5 m2 occupata dagli inquilini, si passa a dei 4 locali di 108 m2 per i proprietari della sola abitazione e a dei 4,6 locali di 131 m2 per i proprietari della casa».
Cosa ci dicono questi pochi ma ben definiti dati? Possiamo ipotizzare che le misure di confinamento siano state sopportate meglio da chi è proprietario degli spazi che vive e meno bene da chi abita in un appartamento in locazione. In generale, ciò indica anche che a dipendenza della propria condizione sociale la pandemia è stata vissuta in maniera diversa.
Abbiamo preso coscienza dell'importanza dello spazio, non solo di quello abitativo, ma anche di quello che ci circonda. È necessario che chi si occupa di progettare e costruire case tenga conto dell'esperienza che abbiamo vissuto in questi mesi. Lo stesso discorso vale anche per chi è chiamato a pianificare e a progettare il territorio.
La speculazione edilizia deve cedere il passo al costruire armonioso che veda negli inquilini non più degli anonimi individui dai quali trarre profitto, ma persone che meritano di vivere felicemente e con dignità.
* Articolo apparso sulla rivista Area - Quindicinale di critica sociale e del lavoro del 5 giugno 2020